L'ISOLA
DI SAN SECONDO
Per chi
arriva a Venezia dal Ponte della Libertà (cioè praticamente quasi
tutti, ormai), si trova vicinissima, a sinistra, a soli 114 metri,
tra San Giuliano e la città. Si presenta come un piccolo atollo di
forma semicircolare, invaso da alberi e rovi diffusi che ricoprono la
superficie in maniera, per così dire, avvolgente.
Eppure questa
piccola isola pur nella sua esigua superficie (veramente esigua, in
effetti: solo 12.064 metri quadrati) ha una storia antica e
interessante, ed è un altro esempio, fra i tanti in laguna, di
degrado, devastazione ed abbandono.
Sto parlando di San Secondo, a
proposito della quale abbiamo notizie che risalgono addirittua al
1034, quando vi furono costruiti una chiesetta intitolata a
Sant’Erasmo e un convento di monache benedettine, per custodirvi
un'immagine sacra raffigurante appunto quel santo, e per questa
ragione inizialmente l’isola stessa prese il nome da Erasmo (ma non
va confusa, ovviamente, con l’attuale Sant’Erasmo, patria delle
castraure, in Laguna Nord). L’immagine infatti era molto venerata
dai pescatori, ma fino a quel momento quasi incustodita ed esposta a
qualsiasi intemperia.
Committente dei lavori era la famiglia
Baffo, originaria di Parma, trasferita dapprima a Mestre e poi
Venezia nell’827, dove fu ascritta al patriziato in tempi molto
precoci. Secondo alcuni, iscritti nel Libro d'Oro, i Baffo erano
presenti nel Maggior Consiglio già prima della Serrata del 1297 e la
discendenza del casato sarebbe documentata sin dal XII secolo.
Secondo altri, invece, sarebbero stati creati patrizi nel 1310
assieme a quei nobili che si erano distinti durante la Guerra con
Genova o la congiura del Tiepolo. Antichissima nobiltà cittadina,
comunque.
A Venezia peraltro i Baffo si distinsero anche per la
loro devozione, o forse, più precisamente, per l’attaccamento al
clero e per la volontà di assecondarlo con regalie e favori di vario
genere: infatti, oltre alla chiesa di Sant’Erasmo fecero edificare
anche quella della Maddalena; la tradizione poi afferma che, nei
pressi di quest’ultima, sorgesse pure un loro fortilizio.
E
sì, a questa famiglia appartiene anche il notissimo poeta erotico
Giorgio Baffo (1694-1768), ma con lui, che dalla moglie Cecilia
Sagredo ebbe solo una figlia, il casato si estinse.
Ma
torniamo all’isola di San Secondo. In un primo momento il nome
attuale venne soltanto aggiunto a quello originario, quando, nel
1237, vi furono portate dal Piemonte le reliquie di San Secondo
d'Asti. Poi però si optò per una intitolazione
unica:
«Posteriormente poi, abbandonato il primo, si
ritenne soltanto il nome di quest'ultimo, ed isola di s. Secondo fu
sempre poscia chiamata.»
Le monache benedettine, che si
erano particolarmente distinte per la loro condotta...alquanto libera
e disinvolta, rimasero sull’isola fino al 1533, poi vi successero i
domenicani, che provvidero a vari restauri.
Un brutto
momento per loro arrivò a partire dal 1569. Infatti, in seguito
all'incendio scoppiato in quell’anno nell'Arsenale, la Serenissima
comprese che era troppo pericoloso tenere le polveriere nel centro
cittadino, vulnerabilissimo di fronte alle minacce del fuoco, e
decise di trasferirle in varie isole della Laguna. Così fu anche per
San Secondo.
Nel 1576, allontanati i religiosi, l'isola
divenne lazzaretto per gli appestati e, al loro rientro, i domenicani
dovettero riattare il monastero e riedificare la chiesa, che fu
consacrata nel 1608.
Due secoli dopo, dopo aver subito un primo
allontanamento di pochi mesi nel 1797 a causa dell'occupazione
francese, la comunità religiosa dovette trasferirsi nel convento dei
Santi Giovanni e Paolo. Anzi, questa fu la destinazione ufficiale, ma
di fatto essa venne aggregata al convento dei Gesuati alle Zattere.
L'isola fu adibita a presidio militare (di cui peraltro ora non resta
traccia), la chiesa fu subito demolita e poco dopo vi rimase soltanto
la funzione di polveriera.
Questo naturalmente fu il risultato
degli editti emanati nel 1806 dal solito maledetto Napoleone, che a
Venezia ha fatto solo danni e razzie. Tanto e ovunque abbia posato i
suoi occhi di rapace.
Però va anche detto che se oggi, 2015 - in
un comune del “mitico Nord-Est “ dell’Italia indipendente - San
Secondo è ridotta a un groviglio di rovi, non può essere solo colpa
sua.
Daniela Palamidese
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