lunedì 29 luglio 2013

Costanziaco / a tra storia e fantasia

Curia del Doxe

Costantiaco/a tra storia e fantasia

Capitolo quarto

Che fosse un centro fiorente è fuori di dubbio come è fuori di dubbio l’importanza storica di un’altra isola scomparsa, Ammiana, naturalmente agli storici servono delle prove, la tradizione orale risulta insignificante, figurarsi se poi si parlasse di sogni e di visioni.
La prima notizia storica di Costanziaco/a non c’è per esempio nel “pactum Loctarii”del 940 infatti vengono citati,nell’ordine; Rialto, Olivolo, Murano, Metamauco, Albiola, Chioggia, Brondolo, Fossone, Loreo, Torcello,Burano, Cittanova, Caorle, Ammiana, Eraclea, Equilio, Grado e Cavarzere. Gli storici sono concordi nel dire che tale atto citava  confini e dunque coincidevano con l'antico limitare delle lagune. Apparentemente sembrerebbe tutto regolare. Tale documento nella sua sintesi parte dal nucleo centrale formato da; Venezia-Olivolo-Murano per proseguire in direzione sud-ovest con; Metamauco-Albiola-Chioggia-Brondolo-Fossone-Loreo, a questo punto esaurite le località in tale direzione ritorna sui propri passi per riprendere la descrittiva  in direzione nord-est con; Torcello-Ammiana-Burano-Cittanova-Fine-Equilio-Caorle. Citando Grado e  Cavarzere per ultime come dire quali siano i limiti estremi dei domini lagunari. Se il patto Lotario fosse inserito in un  test di intelligenza con ricerca dell’anomalia sicuramente chi conosce un minimo di storia e geografia risponderebbe “Burano”, e ora spiego il perché:
a)      Lotario ragionava in termini di suddivisioni del territorio in “Fare”e il Doge Pietro Tradonico in “Pievi” per cui Burano non è mai stata né una “fara”né una “pieve” e sarebbe stato inutile citarla.
b)      Contrariamente a tutti gli altri centri citati che rappresentano un linearità di confine, Burano trovandosi al centro della laguna non delimitava alcun confine naturale.
c)      Scartabellando le mappe antiche tutti i centri citati si trovavano lungo il corso e alle foci dei fiumi, tutti tranne Burano.
d)     Non c’è nessuna prova storica dell’esistenza di Burano prima dell’anno Mille
Reinterpretando il Patto Lotario, se sostituiamo il nome Burano con Costanziaco/a, tale documento assumerebbe una valenza storica diversa.
Quanto espresso è perfettamente in linea con la tradizione orale che vuole l’attuale Burano risorgere dopo la distruzione di un’altra Burano, facendo risalire la fondazione della seconda Burano a seguito di terremoti e maremoti che sconvolsero la laguna e portarono anche alla scomparsa di “Metamauco”  di tali terremoti ci sono le cronache e sono fatti postumi all’anno mille.
Non credo che identificare Costanziaco/a con la prima Burano sia un’eresia, e qui non parla un visionario che cerca risposte alle sue fantasie nella storia scritta, chi cerca notizie di Costanziaco/a spesso si imbatte in “Costantico Major” per distinguerlo da un “Costantiaco Minor”così come i “giudici del Piovego” nel 1300  nel sentenziare sulle controversie di confine indicano Burano (quello attuale) col nome “Burano da mare” e/o “Burano Maris” aggettivo che non avrebbe alcun senso se all’epoca non vi fosse stata un’altra Burano molto vicina che poteva ingenerare confusione. Quando ho citato la suddivisione in “Pievi” ho tenuto conto  di una bolla di Papa Alessandro II del 1064 che cita espressamente la “pieve” di Costanzioaco/a, le sue parrocchie e i suoi monasteri, tutti riconducibili all’area oggi conosciuta come isola della Cura e Sant’Arian. Se la logica ha un senso, se il patto Lotario la segue come i fiumi attraversano le “pievi”, se Venezia segue e si sviluppa per taluni su entrambe le sponde del Marzenego (per altri del Brenta), la stessa logica vorrebbe che Costantiaco/a si sviluppasse lungo le sponde del Sile (o altro fiume) fino alla sua foce verso il mare, ciò spiegherebbe il perché Costanziaco/a occuperebbe tutte le barene che arrivano fino a Treporti o meglio fino al congiungimento con le acque di un ramo del Piave (canale di San Felice) che a sua volta attraversava la “Pieve” di Ammiana.
Nel caso qualcuno volesse andare a visitare le isole della laguna nord provenendo da Venezia, entrando in Mazzorbo per l’antica via acquea che passa per la chiesa di santa Caterina, una volta usciti dal canale di Mazzorbo un acuto osservatore si accorgerebbe subito che il paesaggio è mutilato, e si chiederebbe: perché ci sono case e terre coltivate volgendo lo sguardo sia a nord che a sud, dietro di noi sia a dx che a sx e di fronte c’è solo una barena brulla?
Indubbiamente c’è qualcosa che non quadra, perché si è edificato tutt’intorno e non lì davanti ai nostri occhi? Domande che non otterranno mai risposte se non si ricorre a sensazioni e visioni ancestrali, scaturite quali postumi del terremoto che recentemente ha colpito l’Emilia, avvertito chiaramente anche qui da noi. In quelle notti si dormiva vestiti pronti alla fuga ad ogni tremolio della terra, in questo periodo che ho incominciato a fare dei sogni che non riguardavano episodi recenti ma fatti che si sono persi nella notte dei tempi. Stranamente la mia mente tornava sempre in quello spazio di barena tra Burano e Torcello, ogni sogno si arricchiva di nuovi particolari al punto di poterne fare una mappa dettagliata. Se potessimo tornare indietro nel tempo avremmo potuto ammirare quel paesaggio oggi monco.
Attraversato il canale di Mazzorbo puntando dritti alla barena antistante avremmo potuto entrare in un rio che dopo fatta una curva a gomito verso sx andava dritto in direzione del ponte del diavolo che si trova in Torcello, guardando in direzione di Torcello si potevano vedere case in muratura sia a dx che a sx di tale rio, quelle di sx lungo il canale dei Borgognoni, in quelle di dx il loro retro dava su degli orti coltivati e in un vigneto proprio dove oggi c’è una piccola palude, appena entrati nel rio, prima della sua curva a angolo verso sx, sulla dx c’era un complesso abitativo abbastanza grande e vi si accedeva tramite un portale largo circa 2 metri alto almeno 4, con la sommità a volta formata da 2 semicerchi tipo pietra d’Istria come le 2 colonne che lo sostenevano, ricordo che i mattoni delle case erano più piccoli di quelli in uso oggi, oltre il portale c’era un ampio spazio circondato da abitazioni in muratura a due piani, l’aspetto era quello di un fondaco veneziano, naturalmente sono solo sogni che non hanno trovato alcun riscontro storico e non appartengono a nessuna tradizione orale tramandatami, ma il posto mi sembra di averlo indicato con estrema esattezza e se qualcuno andasse a scavare (forse) troverebbe le vestigia del confine sud di Costanziaco/a, un tempo chiamata “cavana di Costanziaco/a o “comenzaria” di Costanziaco/a, termini citati spesso nelle sentenze dei giudici del piovego che nessuno finora ha saputo localizzare con esattezza.   

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